Vademecum fiscale per trader aggiornato al 2022 (per fare trading serve partita iva?)
Indice dei contenuti
Fai Trading online e non sai né come né quante imposte devi pagare?
Allora leggi questo articolo per scoprire come essere in regola con il Fisco evitando sanzioni, esborsi inutili e sfruttando tutti i Bonus fiscali a tua disposizione
Il trading online si sta sempre più diffondendo come strumento utile per guadagnare soldi extra, tanto che le società atte a svolgere questo tipo di attività tramite vere e proprie piattaforme sono in netto aumento su internet.
Quelle che parallelamente non si stanno diffondendo, invece, sono le informazioni fiscali riguardanti la tassazione del reddito in relazione a questo enorme business.
Perché ti dico questo?
Perché se “dimentichi” di dichiarare il reddito o non dichiari l’eventuale parte di reddito depositato all’estero, vai incontro a determinati illeciti e, di conseguenza, a sanzioni da dover pagare.
Oppure può capitare anche l’opposto, ossia che ti ritrovi a pagar più imposte di quello che effettivamente devi. Nulla di irregolare (sicuramente se paghi più imposte di quanto devi sei in regola), ma stai lasciando al Fisco soldi che sarebbero invece dovuti entrare nel tuo portafogli.
Chi fa trading investe intere settimane o addirittura mesi per capire come “fare soldi”, ma solo pochi minuti (nella maggior parte dei casi) per verificare come dichiarare i guadagni (in modo da essere certo di evitare sanzioni o di evitare eventuali imposte pagate in eccesso).
Per questo ho deciso di scrivere questo vero e proprio vademecum fiscale che ogni trader dovrebbe tenere con sé.
Ti svelerò:
- Se per fare trading serve partita iva (la trovi nei 6 consigli finali)
- Come devi pagare le imposte se sei un dipendente e stai iniziando un’attività di trading
- Quando devi dichiarare i redditi del trading online
Cosa intendiamo con trading on line?
Il trading è uno strumento finanziario che permette a chiunque di effettuare operazioni di vendita e di acquisto relativi a titoli di borsa, utilizzando delle piattaforme e dei software messi a disposizione da parte dei broker.
Nello specifico, questi broker altro non sono che delle società che ti permettono di effettuare investimenti nel settore finanziario tramite una specifica piattaforma online.
Quanto vieni tassato?
Tutte le plusvalenze che generi con il trading online sono tassate ad un’aliquota del 26% a titolo d’imposta sostitutiva (come dichiarato nella Risoluzione n. 102/E del 2011 e quindi dall’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461).
Questo significa che, una volta pagato il 26% sulla plusvalenza, non hai bisogno di dichiarare questo reddito nella dichiarazione insieme a quello che percepisci come lavoratore dipendente.
Quale importo viene tassato?
Come ti accennavo, l’imposta del 26% viene pagata solamente sulla plusvalenza, ovvero la somma di tutte le vendite e di tutti gli acquisti che hanno generato un guadagno nell’anno oggetto di dichiarazione dei redditi (ovviamente dal 1 Gennaio al 31 Dicembre).
ATTENZIONE: può però anche capitare che il broker stabilisca che, in determinate condizioni, la plusvalenza venga calcolata ogni singolo giorno invece che al termine dell’intero anno solare.
Come sei tassato?
Ci sono due metodi che devi utilizzare per dichiarare il reddito che guadagni con il trading:
- Regime amministrato: ogni qualvolta realizzi una plusvalenza, sarà direttamente il broker a trattenere e versare l’imposta dovuta allo Stato del 26%. Quindi ogni volta che il broker “chiude l’operazione” calcola la plusvalenza. In questo caso il contribuente avrà già pagato tutte le imposte sulle plusvalenze che si sono generate nell’anno e non dovrà compilare la dichiarazione dei redditi.
- Regime dichiarativo: in questo caso l’intermediario non ti preleva l’imposta sostitutiva del 26% e sei te che devi provvedere autonomamente al pagamento delle imposte sulla plusvalenza ottenuta nell’anno d’imposta nell’attività di trading online. In questo caso sei tenuto a predisporre la dichiarazione dei redditi per specificare l’ammontare dei proventi.
Come devi versare le imposte?
Con il regime amministrato le imposte sono già versate dall’intermediario appena generi la plusvalenza (quando il broker chiude l’operazione).
Con il regime dichiarativo le imposte le versi te direttamente in dichiarazione dei redditi entro il mese di giugno dell’anno successivo alla plusvalenza (quindi se generi la plusvalenza il 2 gennaio 2017, devi versare l’imposta sulla plusvalenza in giugno 2018).
Il versamento lo farai direttamente con il modello F24 inserendo gli opportuni codici tributo.
Vantaggio e svantaggio del regime amministrato
Vantaggio: sei subito in regola con il fisco e non hai bisogno di fare la dichiarazione dei redditi perché il broker ti preleva il 26% sulla plusvalenza ogni volta che “chiudi un’operazione”.
Svantaggio: perdi subito la liquidità perché l’intermediario ti preleva l’imposta del 26% appena realizzi la plusvalenza alla chiusura dell’operazione (che può anche essere giornaliera).
Vantaggio e svantaggio del regime dichiarativo
Vantaggio: durante l’anno hai maggiore liquidità che puoi reinvestire nella tua strategia di investimento perché versi le imposte solo l’anno successivo. Inoltre, siccome paghi le imposte con il modello F24, puoi utilizzare dei crediti fiscali per pagare le imposte che generi con la plusvalenza del trading.
Svantaggio: sei obbligato a fare la dichiarazione dei redditi
Quando conviene adottare il regime amministrato o il regime dichiarativo?
Innanzitutto, valuta attentamente il comportamento del broker, guardando se viene applicata o meno la ritenuta d’imposta.
Nei casi in cui hai la possibilità di scegliere, puoi utilizzare questo schema di ragionamento per verificare quale dei due possa essere più opportuno a seconda della tua condizione.
Se sei alle prime armi con il trading e non sai se quello che fai ha un effetto leva (ossia più soldi metti e più guadagni), ti può convenire pagare subito le imposte adottando il regime amministrato: in questo modo non devi versare niente e non devi compilare nessuna dichiarazione dei redditi, con una gestione più semplice degli adempimenti fiscali.
Se al contrario sei esperto di uno specifico settore del trading e sei sicuro di aver un effetto leva sulla tua strategia d’investimento (ossia sei sicuro che più soldi metti nella tua strategia e più guadagni) allora potrebbe essere utile adottare il regime dichiarativo e reinvestire tutta la plusvalenza che generi in ogni transazione perché paghi le imposte con la dichiarazione dei redditi dell’anno successivo.
N.B. in questo caso puoi utilizzare i crediti d’imposta (personali) per pagare le imposte sulla plusvalenza in sede di dichiarazione dei redditi (evitando di addebitarle sul conto corrente).
6 consigli per regolarti nel migliore dei modi con il Fisco facendo Trading online
Veramente in tanti mi chiedono se per per fare trading serve partita iva e adesso ti farò chiarezza.
Ecco per te 6 piccoli consigli che ti permettono di essere perfettamente in regola con il Fisco ogni volta che fai trading online e, soprattutto, che ti permettono di utilizzare più bonus fiscali possibili.
1) Ricordati che devi pagare il 26% a titolo d’imposta sulla plusvalenza. Se l’imposta non è stata pagata dal broker, ricordati di pagarla te in sede di dichiarazione dei redditi.
2) Se il broker è estero, ricordati che sei obbligato a compilare il quadro RW e pagare l’Ivafe (Risoluzione dell’agenzia delle entrate n. 71 del 01/09/16).
3) Per determinati strumenti finanziari le perdite che hai accumulato durante l’esercizio del trading sono dei BONUS fiscali nell’esercizio in cui hai subito la perdita e nei 4 successivi.
4) Se hai dei crediti d’imposta li puoi utilizzare in sede di dichiarazioni dei redditi per pagare le imposte relative alla plusvalenza che generi con il trading.
5) All domanda “per fare trading serve partita iva?”, la risposta è che non hai bisogno di aprire la partita iva, né di aprire una posizione Inps.
6) Se utilizzi il regime fiscale amministrato ricordati di compensare le plusvalenze che hai generato in una parte dell’anno (su cui il broker ti ha prelevato il 26%) con le perdite che hai generato nella seconda parte dell’anno. Esempio: se nei primi sei mesi dell’anno chiudi una posizione in attivo, il broker ti fa pagare il 26%. Se invece negli ultimi sei mesi dell’anno avessi una perdita dello stesso importo, non avresti dovuto pagare nessuna imposta.
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In tutti i casi in cui hai un’azienda sappi che, se tu vuoi veramente dormire sonni tranquilli, proteggere il tuo patrimonio personale, proteggere il tuo investimento aziendale, tutelare la tua famiglia e il tuo futuro, la soluzione migliore risiede nell’utilizzare una S.r.l. .
Ma non basta.
Devi infatti anche verificare di: produrre utili in abbondanza, avere sempre la liquidità necessaria per far funzionare l’azienda regolarmente e utilizzare il più possibile strumenti di pianificazione fiscale nella tua società per ridurre le imposte della S.r.l. .
Stai però attento, perché gestendo in modo inappropriato una S.r.l., rischi di pagare più del 70% di imposte e contributi (tanto quanto una ditta individuale, ma solo con la S.r.l. puoi ridurre il carico fiscale complessivo).
Mentre, dal lato opposto, con una gestione fiscale efficace della S.r.l., le imposte possono essere ridotte fino al 28%.
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